La seconda freccia


Dalla sapienza buddista ascoltiamo il
sutra della seconda freccia :

"È come se un arciere, dopo aver colpito un uomo con una freccia, lo colpisse ancora con una seconda freccia. Sicché quell’uomo patirà il dolore di due ferite. Lo stesso accade all’ignorante, che soffre a causa di due dolori, quello fisico e quello mentale".

A pensarci bene l'osservazione è molto sottile e reale.
Le occasioni di sofferenza sono molte lungo il corso della vita.
Il detto di Buddha distingue tra due tipi:
una inevitabile e una evitabile,
che dipende dal nostro modo di reagire.

Mi escludono da qualcosa, e questo mi fa soffrire.
Allora nella mia mente inizia un processo: è colpa mia, non sono capace di farmi valere, non sono mai stato buono a niente...
Questo secondo tipo di sofferenza è frutto del nostro lavoro mentale e fa più danni della prima.
Non riesco ad accettare una sconfitta, e mi flagello ulteriormente con pensieri distruttivi e colpevolizzanti.

Accettare la prima sofferenza, senza fuggirla o combatterla, riduce la sofferenza alla parte inevitabile da accogliere con pazienza nel nostro vissuto.

Mi rompo una gamba e non posso partire per un viaggio.
Anziché accettare la mia storia così com'è in questo momento,
inizio un lungo ragionamento che mi fa vedere tutto il mondo contro di me o mi rende colpevole della mia stessa infelicità.

"La prima freccia è la tristezza, la seconda é l'avversione alla tristezza. Nel sutta del Buddha viene spiegato molto chiaramente che il problema sta nella seconda freccia. Questa rafforza le tendenze latenti all'avversione e alimenta le tendenze latenti all'attaccamento alla gratificazione vista come unico antidoto alla frustrazione. La seconda freccia  é il desiderio intenso di liberarci da uno stato mentale spiacevole. Anziché aprirvi alla tristezza ci chiudiamo. Proprio questa chiusura é la seconda freccia. Solo se decidiamo di fare esperienza viva della tristezza il nostro rapporto con essa cambierà. Il desiderio di liberarci da emozioni spiacevoli é energia, non un semplice pensiero, ma qualcosa di denso e vischioso. Ecco perché il Buddha ha tanto sottolineato la forza del desiderio nutrito dall'ignoranza come causa prima della sofferenza".
(Corrado Pensa)

La seconda freccia in fin dei conti la facciamo scoccare noi.
Coltivare l'avversione alla sofferenza o verso un sentimento che giudichiamo negativo, non ci libera e ci fa soffrire di più.

Commenti


  1. Le occasioni di sofferenza sono molte lungo il corso della vita.
    Il detto di Buddha distingue tra due tipi:
    una inevitabile e una evitabile,
    che dipende dal nostro modo di reagire. Aumentare la consapevolezza di ciò che vivo, restare vigile mi permette di accogliere la prima ma di non fare scoccare la seconda freccia . Consapevolezza e vigilanza aiutano.....

    RispondiElimina
  2. Wow! Questa sapienza buddista è molto vera, mi riguarda perché mi ci sento in pieno bersaglio. Evitare la sofferenza, il dolore e la tristezza non solo non si può perché è inumano, ma provoca ancora più afflizioni e tormenti, diventa deleterio. Guardare dove non si vuol vedere ed entrarci dentro è l'unica via di uscita, viverli fino in fondo questi momenti è esperienza di crescita, non si può scappare da ciò che siamo. Io credo in Dio Padre, Signore della vita e se sono stata creata da lui voluta e amata così come sono e se mi ha dato la sua vita perché io la viva tutta e in pienezza, se guardo alla sua croce, allora ecco nessuna freccia mi potrà colpire per annientare ogni singolo momento della mia vita, qualsiasi momento. Tutto ha un senso quando gli riconosciamo il proprio valore.

    RispondiElimina
  3. "Lo stesso accade all'ignorante".
    Grazie per aver condiviso questo, perché se io non lo so che è questo "atteggiamento mentale" la seconda e peggiore sofferenza, continuerò a soffrire, non potrò cogliere l'insegnamento, non "passerò di livello" per dirla alla giocatore di PlayStation.
    Certe lotte interiori sono salvifiche, perché dalla morte passi alla vita. Perché comprendi te stesso e gli altri.
    Questo post mi ha fatto vedere che non è colpa mia, ma nemmeno degli altri se soffro. Mi ha fatto vedere che ignoravo un meccanismo mortale. Mi è stato d'aiuto.

    RispondiElimina
  4. Per Dio il concetto di bene e male o gioia e dolore è completamente diverso dal nostro, anche la sofferenza, se accolta e condivisa con Chi conosce il patire è fonte di gioia, anche la sconfitta ed il limite è segno di libertà interiore. Mi risuonano tanti passi della Parola:"se da Dio accetto il bene, perché non dovrei accettare il male" (Giobbe) e "tutto concorre alla gloria di Dio" (,San Paolo). Non tutto ciò che riteniamo giusto per noi è veramente buono per la nostra vita. Affidiamoci a Cristo che addestra le nostri mani alla battaglia, chiediamo allo Spirito il dono del discernimento che ci faccia conoscere ed accogliere le nostre debolezze

    RispondiElimina
  5. Numerose volte chi IGNORA
    non soffre
    Chi non è profondo, vive leggero....
    In altri termini, anche se non gusta la quotidianità,
    non se ne accorge.

    RispondiElimina
  6. Signore
    aiutami a comprendere che tutto viene da Te e tutto a Te ritorna;
    aiutami ad allontanare da me ogni pensiero che non sia il tuo pensiero;
    a vivere la vita così come Tu l'hai fissata da sempre che è l'unica vita da vivere in pienezza nel bene e nel male;
    ad aprirmi alla Tua misericordia perché possa vivere da salvata

    RispondiElimina
  7. Il rapporto con la sofferenza.. questi testi aprono tante prospettive... Dipende molto anche dal caso concreto. Alcune forme di buddismo sostengono l'accettazione integrale dello stato presente.. ma alcuni santi cristiani p mistici di altre religioni hanno anche a volte sostenuto l'importanza di avere, subito, quella fede e fiducia incrollabile che, anche nella prova, nella tragedia.. non accetta tutto il peso doloroso ma crede che già in quel momento Dio sta operando per trasformare tutto in una occasione meravigliosa..e da qui il consiglio già di "anticipare" la liberazione che sta per avvenire..che già è all'opera anche se non la vediamo...e vedere "le catene rotte" non credendo alla forza delle catene che al momento sembrano indistruttibili.. non credendo a quel male.. quale è la giusta via caso per caso? L'accettazione integrale sempre? Altre volte una quasi folle "non accettazione" della realtà come tanti traumaturghi che hanno detto '"non importa la diagnosi medica, io ti vedo già guarito nel nome di Dio e vediti così anche tu"?..altre vie ancora,?..grazie per darci sempre tanti spunti con i tuoi post

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Il fiume e il mare

Un altro passo

L'amore scaccia la paura