Resto quieto e sereno


Una preghiera che risveglia il nostro desiderio di quiete:

"Signore, non si esalta il mio cuore
né i miei occhi guardano in alto;
non vado cercando cose grandi
né meraviglie più alte di me.
Io invece resto quieto e sereno:
come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato 
è in me l’anima mia"
(Salmo 131).

Quanto è necessario un tempo di quiete, quanto è desiderabile!

Quiete: assenza di movimento, di turbamento, immobilità.

È il contrario delle nostre abitudini.

L'ansia non favorisce la quiete.

La quiete è curativa per l'ansia.

L'affanno non sostiene la preghiera.

La preghiere cresce e si gusta 
nella quiete.

Un tempo di quiete fa riposare, rasserena, ricarica.

Con Pablo d'Ors, sacerdote e insegnante di meditazione, fermiamoci a cogliere la preziosità di vivere un tempo di quiete nella nostra giornata:

"È meraviglioso constatare che otteniamo grandi cambiamenti nella quiete più assoluta. Perché non solo il silenzio è curativo, ma anche la quiete. Bisogna innanzitutto dire che il silenzio immobile è molto differente dal silenzio in movimento. È scientificamente dimostrato che tenere gli occhi fermi propizia nel soggetto una concentrazione maggiore di quanto non avvenga quando li muoviamo. In movimento è facilissimo, quasi inevitabile, trovarci fuori da noi stessi. La quiete, al contrario, invita all'interiorizzazione. 
È necessario passare attraverso la quiete per addestrarsi al dominio di sé, senza il quale non si può parlare di vera libertà.
Questo compito ci risulta così arduo a causa dell'esaltata e sproporzionata immagine che in genere abbiamo di noi stessi. 
L'immaturità o l'infantilismo di alcuni adulti non sono altro che perdita del senso delle proporzioni. 
Nella meditazione mettiamo ogni cosa al suo posto e scopriamo qual è il nostro luogo: un luogo che, sicuramente, avevamo disprezzato e considerato indegno prima della pratica del silenzio nella quiete; ma anche un luogo che, una volta visitato, non vogliamo più lasciare.
Da quando ho scoperto il potere della meditazione, ho cominciato a mostrare discretamente la vulnerabilità che caratterizza noi umani e che io mi sono tanto sforzato di nascondere al mondo prima di iniziare a meditare. Questa pudica esposizione delle mie debolezze si è rivelata un modo molto efficace per far fronte al culto della mia immagine in cui avevo vissuto fino ad allora. Parlare della propria vulnerabilità, renderla manifesta, è l'unico mezzo per consentire agli altri di conoscerci davvero e, di conseguenza, poterci amare.
In un modo o in un altro, meditando si lavora con il materiale della propria vulnerabilità. E uno ha sempre l'impressione di ricominciare da zero: la propria casa sembra non innalzarsi mai; pare di essere sempre intenti a consolidarne le fondamenta. Nella meditazione non c'è, almeno in apparenza, uno spostamento significativo da un luogo a un altro; c'è piuttosto l'insediarsi in un non luogo. Questo non luogo è l'adesso, l'istante è l'istanza".

Il silenzio è curativo.

La quiete invita all'interiorizzazione.

Quiete necessaria per addestrarsi 
al dominio di sé.

La vulnerabilità che caratterizza noi umani nella meditazione non ha bisogno di nascondersi.

Commenti

  1. La vulnerabilità che caratterizza noi umani nella meditazione non ha bisogno di nascondersi.

    Io vulnerabilissimo
    Preso da mille impegni ,ancora oggi mi assillano varie pratiche burocratiche,superflue,ma necessarie alla mia attività
    Vivo di grava'mi imposti dal legislatore
    Mi trascino questo da tempo
    Devo e sto maturando l'idea di lasciare anzitempo la convenzione
    Mi schiaccia
    Io volevo donare la mia qualità di servizio medico ,non burocratico.
    COSA a che fare col silenzio,questo che condivido'
    TUTTO
    Appena ho possibilità,faticando molto cerco un posticino tranquillo,per stare con me,innanzitutto ,con TE o mio papà instancabile,foriero di consigli e dissipatore di stress.
    Aiutami di più a staccarmi dalla presa della routine IMPOSTA dai miei faraoni di turno.
    Amen

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  2. Parlare della propria vulnerabilità, renderla manifesta, è l'unico mezzo per consentire agli altri di conoscerci davvero e, di conseguenza, poterci amare.
    In un modo o in un altro, meditando si lavora con il materiale della propria vulnerabilità

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  3. "La vulnerabilità che caratterizza noi umani nella meditazione non ha bisogno di nascondersi."
    Per entrare in rapporto con Dio occorre essere se stessi ("verranno i veri adoratori che adoreranno idare, n Spirito e Verità " Gv, 4.23). La meditazione della Parola, il silenzio nella quiete porta ritrovarmi faccia a faccia con me stessa e con Dio. "Ma di chi potrò aver paura?" Se Dio è con me neache io potrò essere contro di me, perché la misericordia ha sempre la meglio sul peccato. Liberami Signore dall'immagine di falsità che voglio dare, perché solo la Verità mi rendere libera

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