Figlio mio, amato

Leggere il vangelo è leggere nella realtà, guardando al di là dell'apparenza, vedendo oltre ciò che si vede nell'immediato.

Il vangelo di Marco è essenziale, scarno, per questo prezioso, ti sfiora con la sua certezza di mostrati il cuore delle cose.

Leggiamo:

Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento".
(Mc1,9- 11)

Ancora il vangelo con la sua parola di fuoco che lascia la sua traccia dove passa.
Parola detta al Figlio, parola detta me figlio.
Il Padre di Gesù è "Padre nostro".
Ogni parola tra il Padre e il Figlio mi riguarda, mi coinvolge, mi risveglia alla mia vera identità.

Nel silenzio, nel profondo del mio cuore qualcosa vibra con intensità alla parola:

"Tu sei il Figlio mio, l’amato".

Mi riconosco.
Sono figlio,
sono amato.

Questa parola per me, lo rivela.
E mi sveglia al desiderio e alla certezza di essere figlio amato del Padre amante.

Figlio di un amore e non del caso.
Figlio di un Padre, e non della solitudine.

Me lo ripeto con stupore
e una gioia profonda mi abita.

"In te ho posto il mio compiacimento".

È contento di me.
Sì compiace di dirsi mio Padre.
Come il Messia, io emergo.
Esco dall'acqua
come pescato alla vita
da una parola.

Nasco così come figlio del Padre.
Cresco sotto il suo sguardo compiaciuto.