Santosha

 

Sono rimasto sorpreso di trovare nella spiritualità induista un "precetto", che si può richiamare con la parola sanscrita "santosha" (sam  “tutto” e tosha “appagamento” cioè, nell’insieme “contenti”), che spinga chi pratica la disciplina dello yoga ad essere contento, ad essere felice di quello che si ha. Il capitolo secondo dello "Yoga Sutra" di Patanjali lo mette tra le regole di comportamento fondamentali.

Accontentarsi, essere contento di ciò che si è e di ciò che si ha.

Non è semplice, ne tanto meno ovvio, in un mondo come il nostro dove veniamo educati fin da bambini ad avere sempre di più e il meglio, a non accontentarsi mai, ma migliorare sempre, crescere di più, andare avanti all'infinito e tutto, sempre, in competizione con gli altri. 

Accontentarsi è sapienza.

Accontentarsi è essere felici qui e ora. 

Accontentarsi è essere libero dall'ansia e dall'affanno.

Cedo la parola a Paolo, missionario infaticabile di Gesù:
"So vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza". (Fil 4,12-13)

Non è un discorso di rassegnazione o di resa, ma di vera saggezza. 

Imparare a vivere in ogni situazione, essere allenati a questo, dice Paolo.

Una bella osservazione di Tiziano Terzani ci dice che parliamo di una virtù moderna, valida ancora per noi oggi: 
"Trovo che vi sia una bella parola in italiano che è molto più calzante della parola “felice”, ed è contento, accontentarsi: uno che si accontenta è un uomo felice".

Ho cercato nel vocabolario la parola scontentezza:
"contrarietà dovuta a insufficiente appagamento di un'esigenza".

Non è il caso di rivedere la lista delle nostre esigenze?

Quando l'appagamento è insufficiente? Quando saremo finalmente appagati?

Rimarrò tutta la vita contrariato?

La conclusione la lascio a Socrate:
"Chi non è soddisfatto di ciò che ha non sarebbe soddisfatto neppure se avesse ciò che desidera". 

In tempo di restrizioni e di pandemia accontentarsi sarà un arte sempre più necessaria per vivere sereni.
 

Commenti

  1. Del resto un vecchio adagio recita: "Chi si accontenta gode".
    Saggezza popolare che sta ad indicare che chi si accontenta (specie delle piccole cose aggiungerei ), ha imparato ad apprezzare ciò di cui é circondato.

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  2. Accontentarsi di quanto si ha sia poco che di più, mi ha sempre fatto mettere in moto la creatività che trova risposte nel poco e nel piccolo che si ha e ti accorgi che quella o quell'altra cosa che non hai può essere benissimo sostituita da un'altra forse più povera, ma che risponde alla necessità. un altro bel esercizio che ogni tanto mi capita di impegnarmi a fare è quello di ridurre desideri e bisogni e anche qui mi accorgo che sto bene, per non dire forse sto meglio.
    Quindi il non avere tutto quello che credo mi debba servire mi fa da forza nel tirar fuori fantasia e creatività, mettendo in moto pensiero, cuore e mani.

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    1. Si, sorella cara anche io la penso come te..... Alcuni giorni vorrei abbracciare la luna ma, siccome non sono alta abbastanza e non ho braccia lunghissime, mi accontento di guardare la sua bellezza. Cerco di vedere il bello che c'è in ogni cosa è non ho il tempo di sognare quello che mi manca... forse anche superfluo.

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  3. Chi ha saggiato il
    Molto,
    si accontenta anche del
    Poco,
    perché in quel
    Poco
    riesce a vedere il
    Molto.
    È tutto un questo saper
    vedere,valutare,gustare

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