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Visualizzazione dei post da gennaio, 2021

Sperare ancora

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Heinrich Schlier, partendo dalle lettere di san Paolo, descrive i segni della mancanza di speranza così: "Dove la vita umana non è protesa verso Dio, dove non è impegnata al suo appello e invito, ci si sforza di superare la spossatezza, la vacuità e la tristezza che nascono da tale mancanza di speranza". I segni di questo sono: "la verbosità dei vuoti discorsi, l'esigenza costante della discussione, l'insaziabile curiosità, la sbrigliata dispersione nella molteplicità e nell'arruffio, l'intima ed esteriore irrequietezza" - noi diremmo: le varie forme di nevrosi - "la mancanza di calma, l'instabilità nella decisione, il rincorrersi di continuo verso sempre nuove sensazioni" . Da quante parole vuote siamo bombardati ogni giorno. Più si parla e più aumenta la sfiducia e la confusione interiore. Si dicono parole che non coltivano niente, che non nutrono nessuno. La speranza ci è necessaria. È un rischio da correre. Va coltivata e nutrita. V

Salvare Dio in noi

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Dal treno diretto ad Auschwitz, una giovane donna lascia cadere una lettera sperando che arrivi nelle mani di qualcuno. È indirizzata ad un'amica e chi la scrive è Etty Hillesum, che muore appena trentenne nel famigerato campo. La lettera è datata 12 luglio 1943 e dice: “Abbiamo lasciato il campo cantando, papà e mamma molto forti e calmi, e così Misha. Viaggeremo per tre giorni. Arrivederci da noi quattro”. Etty muore tre mesi dopo, il 30 novembre.  Nel suo diario, il 12 luglio del 43 è scritta una straordinaria preghiera che sa di fede, di lotta interiore, di fatica a mantenere la fiducia nell'orrore di quei giorni. Ha espressioni audaci che danno da pensare ad ogni credente.  Leggiamola insieme: "Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa: cercherò di non appesantire l’oggi con i pes

Rinunciare al rumore

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  Non su una solitaria montagna, non sperduta in un bosco, ma in un appartamento nel cuore di Firenze vive Antonella Lumini, "eremita di città".  Lavora part time presso la Biblioteca Nazionale Centrale, ma appena rientra nel suo appartamento, chiude la porta e si apre al silenzio.  Dalla sua esperienza di meditazione silenziosa e di ascolto della Parola, ci consegna un invito a rinunciare al rumore.                             *** «Sta in silenzio davanti al Signore e spera in lui» (Salmi 37, 7). Il silenzio è una forma di preghiera intima, nuda. Connaturata a ogni essere umano, conduce a una conoscenza interiore di Dio, esperienziale, mistica.    Non è un problema di tecniche, che certo possono essere d’aiuto, bensì di resa, di cedimento al richiamo dello Spirito e lo Spirito oggi, come non mai, chiama al silenzio. Il silenzio custodisce la voce del Verbo. Porta incisa la misura dell’amore, sempre pronta a riemergere. Non possiamo avere amore per noi stessi e per gli altri,

Spera sempre

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Canto e ascolto sempre con tanta gioia un testo di Kiko Arguello (Inno allo Spirito Santo) durante la celebrazione del sabato sera. Mi ha colpito fin dal primo ascolto per una felice intuizione: fonde insieme il testo sulla carità di 1Corinzi 13 con tematiche tipiche di canti allo Spirito, della tradizione. Ne viene un testo suggestivo di grande potere evocativo. Leggiamo insieme il testo completo da cui il canto è tratto.                        *** Lo Spirito Santo è il giogo soave e leggero. Spirito pieno di comprensione e misericordia con le nostre mancanze, di tenerezza e compassione, di amore senza limiti. Abitando nell'uomo ci perdona sempre,  spera sempre, tutto comprende, scusa tutto. La sua bontà si spande come un profumo che tutto inonda. Fa sentire la sua presenza e ci dà coraggio mentre ci rende testimonianza dell'amore totale di Dio per noi. Conferma al nostro spirito che il dono più grande è l'unione con Dio e che il vero male e la vera sofferenza è il peccato

Non ci sono parole

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Trovare le parole per descrivere il nostro rapporto con Dio è sempre difficile e rischioso. Nel corso dei secoli varie vie sono state percorse per ricercare la verità, arrivando anche ai confini dell'eresia.  Con una fulminea e poetica sintesi Kabir, poeta e mistico di cui abbiamo già letto una poesia ,  entra in questo difficile terreno esprimendo, con il suo modo caratteristico, la visione del problema. "Oh! come potrò mai esprimere l’arcana parola?  Oh! come posso dire:  Egli è così, Egli non è così?  Se dico che Egli è in me,  l’universo ne ha vergogna.  Se dico che Egli è fuori di me, sostengo una falsità.  Egli fa del mondo interno  e dell’esterno  una sola cosa indivisibile.  Il mondo del cosciente  e dell’incosciente  sono entrambi i suoi sgabelli.  Egli non è nè manifesto  nè nascosto;  Egli non è nè rivelato  nè non rivelato.  Non vi sono parole  per esprimere ciò che Egli è". Al centro della sua preghiera gli estremi delle possibilità: "Se dico che Egli è

Tempo di Dio e degli uomini

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  In questo primo giorno dell'anno rileggiamo una pagina di Giovanni Paolo II sul tempo. Tempo degli uomini e tempo di Dio che si incontra e riparte nel Figlio di Dio fatto uomo.  Il papa scrive così: "Parlando della nascita del Figlio di Dio, san Paolo la situa nella "pienezza del tempo" (cfr. Gal 4,4). Il tempo in realtà si è compiuto per il fatto stesso che Dio,  con l’Incarnazione, si è calato dentro la storia dell’uomo.  L’eternità è entrata nel tempo: quale "compimento" più grande di questo? Quale altro "compimento" sarebbe possibile?  L’uomo sorge dalla terra e alla terra ritorna (cfr. Gn 3,19):  questo è il dato di evidenza immediata.  Ma nell’uomo vi è un’insopprimibile aspirazione a vivere per sempre. Come pensare ad una sua sopravvivenza al di là della morte? Alcuni hanno immaginato varie forma di reincarnazione. .... La rivelazione cristiana esclude la reincarnazione e parla di un compimento che l’uomo è chiamato a realizzare nel corso