L'arte di essere semplici


Carl Gustav Jung, celebre psicoanalista e filosofo del secolo scorso, così scrive nella sua "Lettera ad una donna cristiana":

"Vi ammiro, voi cristiani, perché identificate Cristo con il povero e il povero con Cristo, e quando date del pane ad un povero sapete di darlo a Gesù. Ciò che mi è più difficile comprendere è la difficoltà che avete di riconoscere Gesù nel povero che è in voi.

Quando avete fame di guarigione o di affetto, perché non lo volete riconoscere? Quando vi scoprite nudi, quando vi scoprite stranieri a voi stessi, quando vi ritrovate in prigione e malati, perché non sapete vedere questa fragilità come la persona di Gesù in voi?

Accettare se stessi sembra molto semplice, ma le cose semplici sono sempre più difficili... L'arte di essere semplici è la più elevata, così come accettare se stessi è l'essenza del problema morale e il nocciolo di un'intera visione del mondo... 

Ospitando un mendicante, perdonando chi mi ha offeso, arrivando perfino ad amare un mio nemico nel nome di Cristo, dà prova senza alcun dubbio di grande virtù... quel che faccio al più piccolo dei miei fratello l'ho fatto a Cristo!

Ma se io dovessi scoprire che il più piccolo di tutti, il più povero di tutti i mendicanti, il più sfacciato degli offensori, il nemico stesso è in me; che sono io stesso ad aver bisogno dell'elemosina della mia bontà, che io stesso sono il nemico d'amare, allora che cosa accadrebbe?

Di solito assistiamo in questo caso al rovesciamento della verità cristiana. Allora scompaiono amore e pazienza, allora insultiamo il fratello che è in noi, allora ci condanniamo e ci adiriamo contro noi stessi, ci nascondiamo agli occhi del mondo e neghiamo di aver mai conosciuto quel miserabile che è in noi. E se fosse stato Dio stesso a presentarsi a noi sotto quella forma spregevole lo avremmo rinnegato mille volte prima del canto del gallo".

Un testo che colpisce subito per la prospettiva indedita a molti di noi. Abituati come siamo a giudicarci subito e senza appello egoisti, ci neghiamo questo modo di vedere, con sospetto verso la nostra indulgenza.

Lasciamoci prendere da questa prospettiva e raccogliamo gli stimoli preziosi per la nostra meditazione.

Punto di partenza è una delle cose più care alla nostra fede: "identificate Cristo con il povero".
Infatti dice Gesù nel Vangelo: "Quello che fate ad un povero è fatto a me" . 
È possibilità di vicinanza e incontro della divinaumanità (di cui parla la mistica russa) che costituisce noi ed ogni essere umano, come abbiamo scoperto a partire dall'uomo-Dio Cristo Gesù. 
La povertà non è indegna di Dio. La mia povertà non è indegna di Dio. È lì che lo ospito ed è lì che io mi ritrovo a dimorare.
"Beati i poveri" diventa vero per me quando non mi vergogno della povertà del mio cuore e mi lascio raggiungere con semplicità dalla luce di Dio. 
"Io sono povero e bisognoso:
di me ha cura il Signore" (Sal 40, 18): è così che devo imparare a vivermi, semplicemente fiducioso. 

Un passaggio da cogliere nello spirito del Vangelo, che ci chiede attenzione e consapevolezza al nostro vissuto, è
"riconoscere Gesù nel povero che è in voi". Il Signore si prende cura della mia povertà: "Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce"
(Sal 34, 7). 
Jung si spinge fino a chiedere a me di prendermi cura del povero che sono io, della mia povertà e riconoscere il Gesù povero che mi vive dentro. L'accettazione e il riconoscimento di questo, apre ad una compassione verso se stessi e alla propria povertà non meno necessaria ed evangelica di quella rivolta agli altri. 

"L'arte di essere semplici è la più elevata": è certamente un'affermazione che possiamo condividere. La semplicità è un dono sempre desiderato, ma stravolto dalla nostra complicazione mentale che ci rovina tante cose belle. In questo caso, il richiamo alla semplicità, richiama il liberarsi dal rendere problematica l'accoglienza del povero che è in me. 

Jung sottolinea il rischio del "rovesciamento della verità cristiana" quando si tratta di avere compassione per se stessi. Ci neghiamo questo diritto a priori.

Un tormento ci accompagna quando "neghiamo di aver mai conosciuto quel miserabile che è in noi". È lo spazio della vergogna, per il rifiuto di chi siamo realmente. 
Ci è di conforto la Parola di Dio che ci ricorda che il Cristo non si vergogna di dirsi nostro fratello, di dirsi mio fratello (cfr. Eb 5, 11). 
Con la semplicità evocata prima, smettiamo di vergognarci della nostra povertà e prendiamocene cura. 

Trovo nel Salmo 131 la traccia per accompagnare con benevolenza la mia povertà. Non voglio essere il nemico di me stesso. Non voglio giudicarmi e condannarmi continuamente. Voglio smettere di tormentarmi pretendendo sempre da me il massimo.

La difficile arte di esser semplici la voglio imparare da questa bellissima preghiera:

"Signore, non si esalta il mio cuore
né i miei occhi guardano in alto;
non vado cercando cose grandi
né meraviglie più alte di me.

Io invece resto quieto e sereno:
come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è in me l’anima mia".



Commenti

  1. Ci vuole una iniezione di cotanta stima verso sé stessi.
    Grazie
    Ma
    L'altro che bussa a me, sei TU
    Aiutami a riconoscerti bisognoso di me!
    Amen

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  2. Veritiere le parole del psicanalista e filosofo Yung nel dire che ammira molto i cristiani nell' identificare Cristo con il povero e il povero con Cristo mentre trova difficoltà nel comprendere quando noi cristiani non sappiamo riconoscere Gesù che è in noi quando ci ritroviamo legati dalle catene. Signore prenditi cura di me e aiutami a riconoscere il Gesù povero che mi vive dentro.

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  3. Pietà di me Signore per tutte le volte che non ho accolto, sfamato, visitato il povero che è in me. Pietà di me Signore per tutte le volte che non mi sono riconosciuta in Te, povero in me.

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  4. Mi riesce difficile vedere in me la povertà,è un male? Signore pietà

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  5. Signore, non si inorgoglisce il mio cuore
    E non si leva in superbia il mio sguardo
    Non vado in cerca di cose grandi,
    Superiori alle mie forze...

    Io sono Tranquilla e serena, come un
    Bimbo svezzato in braccio a sua madre,
    Come un bimbo svezzato è l'Anima mia.
    Grazie Signore, Ti rendo grazie, con tutto il mio cuore.

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