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Visualizzazione dei post da luglio, 2022

Sino alla fine

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I nostri nemici meritano il perdono? È una domanda a bruciapelo che rivela tutta la sua forza spiazzante nella mente e nel cuore.  Perdonare a chi chiede perdono è una grazia. Ma c'è un'ultima frontiera, un'ultima prova per la nostra fede e la nostra speranza. Il nemico, che rimane tale,  come entra nella mia esperienza  di fede? Davanti al nemico,  che rimane tale,  come reagisce la mia speranza?  Dalla voce di un testimone di riconciliazione, Dietrich Bonhoeffer, lasciamoci provocare e spingere alla preghiera: "La croce  non è proprietà privata  di nessuno:  essa appartiene a tutti gli uomini, ha valore per tutti.  Dio ama i nostri nemici  – ecco quel che ci dice la croce – per loro egli soffre,  per loro conosce la miseria  e il dolore,  per loro ha dato  il suo Figlio amato.  Per questo è di capitale importanza che dinanzi  a ogni nemico che incontriamo, subito pensiamo:  Dio lo ama,  per lui Dio ha dato tutto.  Anche tu, ora, dagli ciò che hai: pane, se ha fame; 

Sorgente di guarigione

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Perdono è una parola difficile  su cui meditare. Perdonare è un verbo in cui tutti inciampiamo. Ma è verbo che interessa in modo trasversale tanti momenti e relazioni del nostro vivere. Non si tratta di decidere se è possibile perdonare o no. Il punto è un altro: abbiamo bisogno di perdono, di darlo e di riceverlo.  Tante cose senza perdono rimangono in sospeso o si interrompono di colpo. Solo il perdono permette alle strade di riaprirsi, ai muri di cadere,  ai cuori di incontrarsi.  Lascio ancora una volta la parola a Carlo Maria Martini: "Il perdono è sorgente di guarigione, guarisce infatti le ferite provocate dal risentimento, rinnova le persone, i matrimoni, le famiglie, le comunità, la vita sociale. Il perdono è la chiave dei nostri rapporti con Dio, col prossimo e con noi stessi. Il perdono è una necessità: non possiamo fare a meno di perdonare. Se non perdono non posso essere perdonato! Il perdono è una decisione: non è un sentimento, ma un atto della nostra volontà. Decid

Sarà lei a bussare, ma Tu ad entrare

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Perché parlare della morte? Per cogliere il fiore della speranza! Perché parlare della morte? Perché fa parte della mia vita! Perché parlare della morte? Per non chiudere gli occhi sulla realtà! Perché parlare della morte? Perché ha qualcosa da dire alla nostra vita! È un tema sempre difficile che richiede fede e sapienza. Carlo Maria Martini più volte nel suo percorso interiore ha riflettuto sul senso della vita e della morte. La sua fede e la sua sapienza mi sono di sostegno. Di lui condivido questa pagina luminosa. "Riconosco, Signore, che la durata della mia condizione mortale è gravata dalla maligna separazione che nell'incredulità si produce tra il nostro tempo e il tuo. E so che questa separazione si riflette nell'angoscia in cui trascorre il tempo che ciascuno di noi cerca di avere soltanto per se stesso. La malinconia del tempo inesorabilmente passato è figlia dell'incredulità e madre della disperazione. La morte si presenta allora e solo allora come una dimos

Berrete al fiume del silenzio

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Solo un mistico o un poeta possono parlare della morte in modo bello. Non chiedo al poeta di indorarmi la pillola, gli chiedo di mostrarmi la luce che anche la morte custodisce. Cos'è la morte? Una fine? Un inizio? A me piace pensarla  come una trasformazione. La grande ed ultima trasformazione,  delle tante sperimentate  durante il corso della vita.  Dopo tanti passaggi,  dopo tante morti,  dopo tante trasformazioni,  arriva quella definitiva, finale,  la morte di tutto ciò che non ha possibilità di vita definitiva  e la trasformazione di ciò  che attende la vita per sempre.  Al poeta mistico Gibran Kahlil Gibran chiediamo una parola sulla morte, che ci aiuti a cogliere tutta la forza per la nostra vita. "Voi vorreste conoscere il segreto della morte. Ma come potrete trovarlo, se non lo cercate nel cuore della vita? Il gufo, i cui occhi legati alla notte non vedono di giorno, non può svelare il mistero della luce. Se davvero volete contemplare lo spirito della morte, spal

Nella quiete della mia anima

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 "Se conoscerete almeno una volta l’amore divino non vorrete perderlo mai più, perché nell’universo intero non esiste niente di simile". Quanta verità nelle parole del mistico indiano  Yogananda Paramahansa. Cerchiamo tutti l'Amore. Desideriamo tutti l'Amore. Speriamo tutti nell'Amore. La preghiera si fa ricerca. La meditazione trasfigura  il desiderio. Il silenzio feconda la speranza. Yogananda ci guida nella contemplazione: "O Padre,  quali che siano le mie prove, possa io sopportarle con gioia, sentendo sempre la tua presenza nel cuore.  Tutte le tragedie e le comme­die della vita sembreranno così nient'altro che spettacoli affascinanti.  Padre, libera la mia coscienza dal piano delle limitazioni suggeritemi dagli altri e dalla debolezza dei miei pensieri. Fammi realizzare che io,  essendo figlio tuo,  possiedo il tuo regno  di sconfinato do­minio.  O Fontana di Fiamma,  irradia il tuo splendore  e fa che permanga in me,  attorno a me, ovunque.  Un ver