Nel segreto
"Interior intimo meo et superior summo meo – più interiore della mia intimità e più elevato della mia sommità", è così che Agostino, nelle Confessioni, definisce Dio in relazione con la nostra vita.
Intimità non ha a che fare con intimismo.
Nell'esperienza della preghiera è importante la differenza.
Intimità è custodire un tesoro prezioso dalla curiosità e dalla dispersione.
Intimismo è chiusura fine a se stessa che isola, che esclude.
"Rimanete in me e io in voi" (Gv 15,4). È così che il Vangelo esprime l'intimità con Dio, e indica una camera segreta, lontana da occhi insicreti, in cui coltivare la relazione profonda con il Dio vivente (cfr. Mt 6,6).
L'intimità spirituale dà profondità alla realtà.
È in questa direzione che la riflessione di Giuseppe Forlai, sacerdote e autore spirituale, vuole condurci.
Leggiamo insieme:
"Preghiamo in segreto perché il Padre ama l’intimità. Dio è più intimo a me di me stesso o – come insegna la mistica islamica – più vicino a me della vena giugulare. Il testo «prega il Padre tuo nel segreto» in realtà si potrebbe tradurre anche con «prega il Padre tuo nascosto».
Dio si nasconde dietro la creazione, dietro i miracoli del Verbo incarnato, si vela con i doni dello Spirito. Dio non ostenta il suo volto, ma vede dove gli occhi altrui si annebbiano. Ma se il Signore si nasconde, per incontrarlo bisogna nascondersi. Chi non accetta questa legge è tagliato fuori da una vita spirituale autentica e deve accontentarsi di qualche nobile sentimento religioso.
Il nascondimento è il pane quotidiano del solitario cristiano a imitazione dello Spirito, celato in noi, che grida «Abbà, Padre» (Rm 8,15).
Il Padre è nascosto, lo Spirito è nascosto, la preghiera è nascosta. L’habitat di Dio è il nascondimento, ed è proprio in virtù di questo che è onnipresente.
Il Padre ama tutti senza esser visto da nessuno.
Il velo del Tempio di Gerusalemme – che separava l’aula del Santo dal Santo dei Santi – rimane un qualcosa di grande spessore evocativo almeno finché rimaniamo su questa terra. Ma c’è di più. La stanza in cui prego, sottratto agli sguardi e in silenzio, è il luogo dove il Padre segretamente mi consola e mi ricompensa. Lì si arricchisce l’amore; lì la presenza invisibile si tocca con le dita del cuore. Per il solitario la cella o la stanza è molto, quasi tutto. Il luogo in cui egli vive è la storia del suo amore fatta pietra.
Se io porto in me fin dal battesimo lo Spirito Santo allora il posto in cui apro il cuore diventa santuario. Dove c’è un orante, c’è Dio. È l’adoratore “in spirito e verità” che fa santo il luogo, e non il luogo che rende santi (cfr. Gv 4,21-24).
Se vogliamo seguirlo nella verità possiamo trovare anche un luogo solitario dove fermarci in silenzio. Io sono solamente quello che faccio quando nessuno mi vede".
Quando ti cerco, so dove trovarTi
RispondiEliminaPreghiamo
RispondiEliminain segreto perché
il Padre ama l’intimità.
Dio è più intimo a me di me stesso
o
più vicino a me della vena giugulare.
Il testo
«prega il Padre tuo nel segreto»
in realtà si potrebbe tradurre anche con
«prega il Padre tuo nascosto».
E il Padre che vede nel segreto ti ricompenserà...
EliminaElisa
...più vicino a me della vena giugulare!
RispondiEliminal'anatomia mi affascina
Da sempre percepire DIO più vicino della mia giugulare ,non l'avevo mai sentito!
Mi dà gioia.è efficacissimo come messaggio..
E' dentro me!
Grazie
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.....
"Io sono solamente quello che faccio quando nessuno mi vede"
RispondiElimina...
Rimanete in me e io in voi" (Gv 15,4).
RispondiEliminaÈ così che il Vangelo esprime l'intimità con Dio,
e indica una camera segreta,
lontana da occhi indiscreti,
in cui coltivare
la relazione profonda
con il Dio vivente (cfr. Mt 6,6).
Ma c'è di più. La stanza in cui prego,... è il luogo dove il Padre segretamemte mi consola e mi ricompensa. Lí si arricchisce l'amore; lí la presenza invisibile si tocca con le dita del cuore.
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