Vegliate su voi stessi

Usando la rete per meditare mi è venuta incontro una strana poesia. 

Si tratta di “Per quanto puoi” 
di Konstantinos Kavafis, poeta greco dei primi Novecento.

"E se non puoi fare della tua 
vita quel che vuoi,
in questo almeno sforzati
per quanto puoi: non umiliarla
nella troppa familiarità con il mondo,
nel viavai della gente, nelle chiacchiere.

Non mortificarla portandola qua e là,
andando per le strade, e non esporla
alle sciocchezze di ogni giorno
delle relazioni, dei vincoli,
fino a renderla estranea, molesta".

Due strofe asciutte che richiamano la necessità di non buttare via la propria vita, di non svilire la propria esistenza.

Vigilare, custodire, impegnarsi a che la vita resti tale e cresca in fecondità è impegno che ogni persona che vuole crescere spiritualmente assume.

La vigilanza come stile di vita è indispensabile.

Lasciamo alle parole di Enzo Bianchi il farci gustare e apprezzare questo tipo di impegno spirituale.

Scrive il fondatore del monastero di Bose:

"«Non abbiamo bisogno di nient’altro che di uno spirito vigilante.» Questo apoftegma di abba Poemen, un padre del deserto, esprime bene l’essenzialità
che la vigilanza riveste nella vita spirituale cristiana. In che consiste? Il Nuovo Testamento, opponendola allo stato di ubriachezza e a,quello della sonnolenza, la definisce come la sobrietà e il «tenere gli occhi ben aperti» di colui che ha un fine preciso da conseguire e da cui potrebbe essere distolto se non fosse, appunto, vigilante. E poiché lo scopo da conseguire per un cristiano è la relazione con Dio attraverso Gesù Cristo, la vigilanza cristiana è totalmente relativa alla persona di Cristo che è venuto e che verrà. Basilio di Cesarea termina le sue Regole morali affermando che lo «specifico» del cristiano consiste proprio nella vigilanza in ordine alla persona di Cristo: «Che cosa è proprio del cristiano? Vigilare ogni giorno e ogni ora ed essere pronto nel compiere perfettamente ciò che è gradito a Dio, sapendo che nell’ora che non pensiamo il Signore viene». La sottolineatura della dimensione temporale presente in questo testo non è casuale. Tipo del vigilante è il profeta, colui che cerca di tradurre lo sguardo e la Parola di Dio nell’oggi del tempo e della storia. La vigilanza è dunque lucidità interiore, intelligenza, capacità critica, presenza alla storia, non distrazione e non dissipazione. Unificato dall’ascolto della Parola di Dio, interiormente attento alle sue esigenze, l’uomo vigilante diviene responsabile, cioè radicalmente non indifferente, cosciente di doversi prendere cura di tutto e, in particolare, capace di vigilare su altri uomini e di custodirli. 
«Essere episcopus, vescovo,» scrive Lutero «significa guardare, essere vigilante, vigilare diligentemente.» È dunque, la vigilanza, una qualità che richiede grande forza interiore e produce equilibrio: si tratta di attivare la vigilanza non solo sulla storia e sugli altri, ma anche su di sé, sul proprio ministero, sul proprio lavoro, sulla propria condotta, insomma su tutta la sfera delle relazioni che si vivono. Affinché su tutto regni la signoria di Cristo. La difficoltà della vigilanza consiste proprio nel fatto che anzitutto è su di sé che occorre vigilare: 
il nemico del cristiano è in lui stesso, non fuori di lui. «Vegliate su voi stessi e pregate in ogni tempo: che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita», dice Gesù nel Vangelo di Luca. La vigilanza è al prezzo di una lotta contro se stessi: il vigilante è il resistente, colui che combatte per difendere la propria vita interiore, per non lasciarsi trascinare dalle seduzioni mondane, per non farsi travolgere dalle angosce dell’esistenza, insomma, per unificare fede e vita e per mantenersi nell’equilibrio e nell’armonia; vigilante è colui che aderisce alla realtà e non si rifugia nell’immaginazione, nell’idolatria, che lavora e non ozia, che si relaziona, che ama e non è indifferente, che assume con responsabilità il suo impegno storico e lo vive nell’attesa del Regno che verrà. La vigilanza è dunque alla radice della qualità della vita e delle relazioni, è al servizio della pienezza della vita e combatte le seduzioni che la morte esercita sull’uomo. Così Paolo ammonisce i cristiani di Tessalonica: «Non dormiamo come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobri». Per la simbolica biblica, ma anche per altre culture (si pensi alla mitologia greca che fa di Hypnos, Sonno, il gemello di Thanatos, Morte), cadere nel sonno significa entrare nello spazio della morte. Vigilare, invece, non è solo un atteggiamento proprio dell’uomo attento e responsabile, ma acquisisce un
significato particolare per il cristiano che pone la sua fede nel Cristo morto e risorto. La vigilanza è assunzione intima e profonda della fede nella vittoria della vita sulla morte. Così il vigilante diviene non solo uomo sveglio, che si oppone all’uomo addormentato, intontito, che ottunde i suoi sensi interiori, che rimane alla superficie delle cose e delle relazioni, ma diviene anche uomo di luce e capace di irradiare luce. «illuminati» tramite l’immersione battesimale, i cristiani sono «figli della luce» chiamati a illuminare: «Risplenda la vostra luce davanti agli uomini affinché, vedendo il vostro operare la bellezza, rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Matteo 5,16). Non si tratta di esibizionismo spirituale, anzi, dell’effetto traboccante della luce che, abitando un cuore vigilante, non può rimanere nascosta, ma di per sé emerge e si diffonde. In certo senso, la vigilanza è l’unica cosa assolutamente essenziale al cristiano: essa è la matrice di ogni virtù, è il sale di tutto l’agire, la luce del suo pensare e parlare. Senza di essa tutto l’agire del cristiano rischia di essere in pura perdita. Disse abba Arsenio: «Bisogna che ognuno vigili sulle proprie azioni per non faticare invano»".

Commenti

  1. Bisogna che ognuno vigili sulle proprie azioni per non faticare invano»".
    Nel cuore dell'uomo ci sta di tutto e di più, come il grano che cresce con la zizzania. Donami Signore uno Spirito attento e vigile, che sappia lavorare per il Regno dei cieli, il Bene comune e non per la vanagloria

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  2. La vigilanza è al prezzo di una lotta contro se stessi: il vigilante è il resistente, colui che combatte per difendere la propria vita interiore, per non lasciarsi trascinare dalle seduzioni mondane, per non farsi travolgere dalle angosce dell’esistenza, insomma, per unificare fede e vita e per mantenersi nell’equilibrio e nell’armonia; vigilante è colui che aderisce alla realtà e non si rifugia nell’immaginazione, nell’idolatria, che lavora e non ozia, che si relaziona, che ama e non è indifferente, che assume con responsabilità il suo impegno storico e lo vive nell’attesa del Regno che verrà.

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. "«Non abbiamo bisogno di nient’altro che di uno spirito vigilante.»
    Si
    I desideri della carne sono opposti a quelli dello Spirito!
    Cosa dire;LOTTARE è quello che faccio ,per non mortificare la mia quotidianità!

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  5. "E se non puoi fare della tua
    vita quel che vuoi,
    in questo almeno sforzati
    per quanto puoi: non umiliarla
    nella troppa familiarità con il mondo,
    nel viavai della gente, nelle chiacchiere.

    Non mortificarla portandola qua e là,
    andando per le strade, e non esporla
    alle sciocchezze di ogni giorno
    delle relazioni, dei vincoli,
    fino a renderla estranea, molesta".

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  6. Come il cieco che urla più forte... bisogna tapparsi le orecchie ai suggerimenti del banale, del superficiale per non cibarsi di spazzatura, per non riempirsi di veleno...
    Meravigliosi versi
    "E se non puoi fare della tua
    vita quel che vuoi,
    in questo almeno sforzati
    per quanto puoi: non umiliarla..."

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