Ruminare la Parola


 Meditare un brano di un testo sacro, una parola, una strofa di un canto, è tipico delle tradizioni religiose che hanno un libro sacro come guida di vita. 


La Bibbia è la prima fonte di meditazione per cristiani ed ebrei.

Leggere, rileggere, lasciare che una parola arrivi nel nostro profondo e porti luce, consolazione, forza per il cammino, è un modo di meditate facile e bello.

Maciej Bielawski, teologo e guida di meditazione, ci richiama ad una espressione antica: ruminatio, ruminare, con cui si indica un modo di meditare la Parola di Dio.

Scrive:

"Guigo il Certosino nella sua Scala claustralium, paragonano la meditazione alla ruminatio. Alcuni spunti d’intendere così la meditazione li troviamo nella Bibbia, là dove si dice che «la Parola di Dio è dolce per la bocca». Oppure quando abbiamo, specie con i Profeti e con l’Apocalisse di San Giovanni, l’immagine in cui c’è un uomo – un profeta appunto – che “mangia il libro”.
Se prendiamo la parola “ruminare” è chiaro che la prendiamo dal mondo degli animali. Abbiamo i cosiddetti ruminanti, cioè erbivori che mangiano erba e, dopo che l’hanno introdotta nello stomaco, devono ributtarla, rimasticarla e ancora una volta ingerirla per digerirla. 
La metafora è quella del cibo e del mangiare. Meditare è come prendere e assorbire gli alimenti. Da qui derivano considerazioni significative per la prassi e per la riflessione su che cosa sia la pratica. A saltare subito in mente è che noi oggi siamo tanto attenti all’aspetto del cibo, non ci è indifferente che cosa mangiamo, impegniamo del tempo per gli acquisti, andiamo nei negozi biologici, studiamo strategie alimentari. Quindi, ad un certo momento non è indifferente su che cosa si medita e non è indifferente per la meditazione la scelta dell’oggetto o del testo su cui si medita. Questi infatti sono appunto come un prodotto di cui nutrirsi. 
Certo, posso meditare su un fiore, sul fuoco, ma pure su una parola come verità, amore, Dio, nulla, e questa scelta non è indifferente per la meditazione. 
In particolare, un ottimo avvio alla meditazione è la lettura. Bisogna leggere, studiare se si vuole meditare. Perciò serve insistere che non è indifferente di quali letture ci cibiamo. 
Bisogna alimentarsi di letture buone, provate dalla storia, affermate dai grandi che le hanno meditate. In altri termini, se avete da scegliere tra l’autore di ultimo grido che vi parla di illuminazioni meditative e il libro dei Salmi, prendete il libro dei Salmi. 
La metafora della meditazione intesa come ruminare include il fatto che ci vuole tempo. Il tempo legato con ruminatio vuol significare che si deve ritornare su una cosa che è stata già appresa una prima volta ma non è veramente assorbita. Allora, in un momento iniziale occorre impadronirsi dell’oggetto della meditazione, per esempio memorizzare frasi o portare l’attenzione su oggetti, in modo che si radichino nella memoria. Eppure non basta. Il vero meditare comincia quando riprendo dalla memoria ciò che ho memorizzato e incomincio a lavorarci, rimasticando, ruminando di nuovo, tornandoci e ritornandoci di continuo. Prendiamo un bellissimo testo latino della giornata pasquale molto diffuso dove si utilizzava l’antica lingua: «Mors et Vita duello conflixere mirando: dux vitæ mortuus, regnat vivus»
("Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa").
Posso anche cantarlo, perché ho memorizzato la melodia che mi piace. Ma la ruminatio ha avvio quando io a lungo sto con queste quattro righe stupende. E così a un tratto incomincio a morire e a rivivere, e vivo la vita e la morte, e m’immedesimo, divento la morte e la vita, la vita e la morte scorrono in me. Ecco la meditazione. 
Tra le parole e me stesso nasce una sorta di flusso a circuito chiuso, in cui divento le parole medesime e le parole medesime diventano me, e cambia tutto. 
Meditare vuol dire stare con un buon cibo e una frase adatta. E io sto, mastico questo cibo per ore, per giorni, per mesi finché divento ciò che mangio e ciò che mangio viene assorbito da me e mi trasforma. Si potrebbe definire come l’essenzialità di un certo procedimento meditativo, della meditazione intesa come ruminatio. L’ultima tappa di tale procedimento è probabilmente proprio questo assorbimento. 
Il fatto che se medito su una parola divento la parola stessa è bellissimo. Se rumino a lungo la parola “vita”, divento vita. Ho ruminato a lungo la parola verità e divento veritiero, ho a lungo ruminato la parola bontà e cerco di essere buono".

Commenti

  1. se medito su una parola
    divento la parola stessa
    è bellissimo.
    Se rumino a lungo la parola “vita”,
    divento vita.
    Ho ruminato a lungo la parola verità e
    divento veritiero,
    ho a lungo ruminato la parola bontà e
    cerco di essere buono".
    dammi il coraggio
    la forza di riprendere
    la strada

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  2. Cerco di meditare sulla parola perseveranza per diventare 😣

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  3. Ruminare il buono
    Mi capita sovente soffermarmi su fatti che vivo quotidianamente e per fortuna sono orientato soprattutto su quelli che edificano la mia persona. E quindi chi in me s'imbatte.
    Così è per la PAROLA che studio,faccio mia,la mangio avidamente, FAGOCITO, poi la conseguenza è portarla ove vado.
    Invece se leggo tanto per farlo,ho solo la notizia ,ferma,stantia e che rimane in me.
    Il contagio è proporzionale alla mia voglia di condividere un fatto,una buona lettura, la PAROLA stessa,quando questa si sposa coi.miei neuroni e quindi col mio cuore ❤️.
    Grazie

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  4. Se ho il contatto con la parola ,mi è anche facile pronunciarle quando c’è la necessità di consolare o di iniettare fiducia nella vita a chi quel giorno ha bisogno

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  5. "Il vero meditare comincia quando riprendo dalla memoria ciò che ho memorizzato e incomincio a lavorarci, rimasticando, ruminando di nuovo, tornandoci e ritornandoci di continuo."
    La Parola è viva, perché è Lei che si muove nella mente perché vuole giungere al cuore, è efficace, perché è Lei che trova tutti i giusti movimenti per potersi incarnare.

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  6. Avere la Bibbia come guida di vita. Avere la Parola come bussola. Avere dentro le parole, assaporarle, gustarle, diventare tutt'uno con esse

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