Vita trasformata
Parlare della morte è sempre impegnativo.
Ma non bisogna evitare l'argomento che è sempre più necessario affrontare, trovando le parole giuste per farlo con spirito di fede.
Padre Alberto Maggi, biblista, parla della morte guidato dalla sapienza della Bibbia e dall'esperienza del cristianesimo delle origini.
I primi cristiani "non contrapponevano la vita alla morte, ma nascita e morte erano considerate come espressione della stessa dinamica esistenziale della vita", scrive.
Vita e morte sono le coordinate del nostro esistere in questo mondo.
Ed è necessario anche andare oltre questi confini naturali con i mezzi che la fede ci offre.
Scrive p. Alberto:
I primi credenti, paradossalmente, chiamavano «dies natalis», giorno della nascita, proprio quello della morte. Essi erano certi che non si moriva mai, ma si nasceva due volte, e la seconda era per sempre. Sapevano che «la vita non è tolta, ma trasformata», come recita il Prefazio della Liturgia dei defunti, perché, come scrive Paolo, «veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria» (2Cor 3,18).
I primi cristiani non contrapponevano la vita alla morte, ma nascita e morte erano considerate come espressione della stessa dinamica esistenziale della vita, che chiamavano eterna non tanto per l’indefinita durata, ma per la sua qualità indistruttibile, capace di superare la morte.
È comprensibile che non sia facile, dopo secoli di insegnamenti dottrinali che hanno presentato la morte come un castigo divino («Polvere tu sei e in polvere ritornerai!», Gen 3,19), vederla al contrario come un dono prezioso, un inizio anziché una fine. C’era la convinzione che con la morte finisse ogni possibile contatto con i defunti, le cui anime, nel migliore dei casi, salivano in cielo (quando non sprofondavano all’inferno), determinando così una definitiva separazione dal mondo dei vivi.
Di fatto le espressioni con le quali ci si riferisce ai defunti, tutte con un’accezione di perdita, di lontananza, di distanza e di assenza, non fanno che acuire il dolore.
Ma veramente la morte è una perdita? Un’assenza? O va piuttosto intesa come un cambio di relazione? La vita intera è un continuo processo di trasformazione dove «muore» quel che si è per far posto a quel che vuol nascere. Fanno parte della dinamica della vita la crescita, la maturazione e la trasformazione dell’individuo («Anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno», 2Cor 4,16).
Nella crescita non si «perde» quel che si è stati ma lo si porta a compimento, poiché solo quel che si è stati rende possibile quel che si è ora. Sta a quanti sono vicini alla persona in crescita cambiare in maniera graduale ma progressiva il loro modo di relazionarsi con essa. È evidente che non si può continuare a trattare l’adolescente come un bambino o l’adulto come un ragazzo. Non si «perde» il bambino, l’adolescente o il giovane, ma si sviluppa un nuovo tipo di relazione, non per questo meno ricca, anzi indubbiamente più intensa e profonda.
Ugualmente con la morte non si «perde» la persona, ma cambia il modo di relazionarsi con questa, perché si sono modificate le modalità del suo esistere, in quanto l’individuo, attraverso il morire, è passato da un corpo fisico a un «corpo spirituale», che gli permette, come il Cristo, di trasformarsi da «essere vivente a spirito datore di vita» (1 Cor 15,45).

"Nella crescita non si «perde» quel che si è stati ma lo si porta a compimento, poiché solo quel che si è stati rende possibile quel che si è ora."
RispondiEliminaDio in ogni circostanza aggiunge sempre qualcosa, non toglie mai, sia a chi non c'è più tra noi, (donando la redenzione), sia a chi continua a vivere questa prima vita. Con il suo stesso Spirito, siamo sempre in comunione con Dio, a cui appartengono i nostri cari defunti. Si nasce per non morire più.
Con la morte non si «perde» la persona, ma cambia il modo di relazionarsi con questa, perché si sono modificate le modalità del suo esistere, in quanto l’individuo, attraverso il morire, è passato da un corpo fisico a un «corpo spirituale», che gli permette, come il Cristo, di trasformarsi da «essere vivente a spirito datore di vita» (1 Cor 15,45)
RispondiEliminaEd è proprio questa l'esperienza che faccio con le persone care che sono passate all altro modo di essere, il loro essere in una esistenza spirituale le rende più vicine, più intime in un rapporto che va oltre il corpo e la presenza fisica.
Morte
RispondiEliminaFine
No
Continuazione di un progetto
Progetto TUO su ciascuno di noi
Donami il terzo occhio,quello TUO per vedere come vedi TU
AMEN