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Visualizzazione dei post da ottobre, 2024

Vegliate su voi stessi

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Usando la rete per meditare mi è venuta incontro una strana poesia.  Si tratta di “Per quanto puoi”  di Konstantinos Kavafis, poeta greco dei primi Novecento. "E se non puoi fare della tua  vita quel che vuoi, in questo almeno sforzati per quanto puoi: non umiliarla nella troppa familiarità con il mondo, nel viavai della gente, nelle chiacchiere. Non mortificarla portandola qua e là, andando per le strade, e non esporla alle sciocchezze di ogni giorno delle relazioni, dei vincoli, fino a renderla estranea, molesta". Due strofe asciutte che richiamano la necessità di non buttare via la propria vita, di non svilire la propria esistenza. Vigilare, custodire, impegnarsi a che la vita resti tale e cresca in fecondità è impegno che ogni persona che vuole crescere spiritualmente assume. La vigilanza come stile di vita è indispensabile. Lasciamo alle parole di Enzo Bianchi il farci gustare e apprezzare questo tipo di impegno spirituale. Scrive il fondatore del monastero d

Contemplare l'invisibile

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In questi giorni ho riletto più volte e meditato l'ultimo testo pubblicato di Antonio Pitta, sacerdote e biblista, straordinario conoscitore delle lettere dell'apostolo Paolo. È tornato alla casa del Padre pochi giorni fa e questo suo scritto è un vero testamento, una sintesi stupenda sulla sua concezione di speranza appresa dalla meditazione incessante delle lettere di Paolo.  «La speranza non delude perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).  È questo il cuore della fede di Paolo.  Quella dei discepoli di Gesù  non è una speranza infondata.  La delusione nasce da speranze fasulle fondate su convincimenti umani, sulla necessità di sperare pur non vedendo segni di questa possibilità. La vita è inesorabile con le nostre illusioni e false convinzioni. Leggiamo insieme: "A scanso di esiti scontati, l’evangelo della speranza è attraversato dal paradosso. Modello della speranza paradossale è

Nel segreto

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"Interior intimo meo et superior summo meo – più interiore della mia intimità e più elevato della mia sommità", è così che Agostino, nelle Confessioni, definisce Dio in relazione con la nostra vita.  Intimità non ha a che fare con intimismo. Nell'esperienza della preghiera è importante la differenza. Intimità è custodire un tesoro prezioso dalla curiosità e dalla dispersione. Intimismo è chiusura fine a se stessa che isola, che esclude. "Rimanete in me e io in voi" (Gv 15,4). È così che il Vangelo esprime l'intimità con Dio, e indica una camera segreta, lontana da occhi insicreti, in cui coltivare la relazione profonda con il Dio vivente (cfr. Mt 6,6). L'intimità spirituale dà profondità alla realtà. È in questa direzione che la riflessione di Giuseppe Forlai, sacerdote e autore spirituale, vuole condurci. Leggiamo insieme: "Preghiamo in segreto perché il Padre ama l’intimità. Dio è più intimo a me di me stesso o – come insegna la mistica i

Innocenza

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L'esperienza della colpa, la consapevolezza dell'errore, ci toglie l'innocenza, ci apre la via alla sfiducia in noi stessi e nella nostra storia. Ritenerci innocenti, avere la libertà del cuore e la luce negli occhi, che rende bello e possibile ripartire dopo ogni errore, è un'illusione? La Bibbia dice che è il Signore a renderci innocenti, è lui che ricopre il nostro peccato con la sua misericordia. Anna Lécu, suora domenicana autrice di testi di spiritualità, ci accompagna, con sapienza biblica a scoprire questa dimensione essenziale della spiritualità evangelica. "Il segreto di Dio è la sua misericordia. Dio che è inattaccabile dal male (la Bibbia parla di "collera di Dio") si lascia attaccare e scoprire per restituirci l'innocenza. Il primo povero è il nostro Dio. La misericordia di Dio è generosa e gioiosa. Non è la commiserazione del ricco che si piega sul povero. Gesù si fa uno di noi affinché possiamo finalmente credere che gli ass