Vigilare sul cuore


Quante cose attirano continuamente la nostra attenzione.

Curiosità e instabilità interiore ci tentano verso un vagare continuo a caccia di novità, che consumiamo in modo superficiale e veloce.

Il rischio è la dispersione e la confusione interiore.

Abbiamo bisogno di fare ordine.

Abbiamo bisogno di essenzialità interiore.

Un po' di pulizia nella nostra camera segreta del cuore va fatta continuamente.

Anselm Grün, monaco benedettino e psicoterapeuta, ci indica due aspetti che vanno vigilati continuamente nel nostro cuore e nella nostra mente. 

"Il cattivo umore come espressione di insoddisfazione profonda nei confronti di se stessi e della propria vita porta all'inquietudine costante e al vagabondare qua e là. Non ci si muove per essere in cammino, ma si vaga senza meta, senza minimamente percepire la strada. Si fugge semplicemente da se stessi. Sia lo spirito che il corpo sono instabili, sono privi di un centro: non riescono a rimanere fermi, a trovare una posizione. È un'instabilità interiore. Non si ha un terreno sul quale riposarsi. È un'irrequietudine morbosa, spesso sintomo di depressione.
L'instabilità dell'anima si esprime nelle chiacchiere continue e nella curiosità. La chiacchiera è la morte del dialogo. In molti talk show possiamo fare l'esperienza della chiacchiera pura: si parla tanto, senza però sviluppare alcun dialogo. Perché le persone non ascoltano. Si cambia continuamente argomento. 
Anziché aprirsi agli altri, li si usa solamente per riuscire a piazzare ciò attraverso cui si risulta brillanti. Il dialogo gira intorno a temi futili. Lo psicologo Wucherer-Huldenfeld definisce questa tendenza «una profonda decadenza della lingua». 
L'essere umano «vive la propria interiorità come vuota, torpida e muta; non ha niente di essenziale da dire e maschera questo stato di cose attraverso chiacchiere dal volume sempre più alto. Le chiacchiere suscitano l'impressione di essere informate di tutto, di essere del massimo interesse, ma in realtà sono prive di fondamento».
Nella sua celebre opera Essere e tempo del 1927, Martin Heidegger ha efficacemente descritto la curiosità. La caratterizza come «tipica incapacità di soffermarsi su ciò che si presenta», come «distratta irrequietezza». 
La curiosità cerca «il nuovo esclusivamente come trampolino verso un altro nuovo. Ciò che preme a questo tipo di visione non è la comprensione o il rapporto genuino con la verità», bensì il saltare da una cosa all'altra. Ma in realtà tutto quanto risulta indifferente, niente importa sul serio. 
La parola tedesca Neugier, 'curiosità', significa etimologicamente 'avidità di cose nuove'. Si è avidi di apprendere sempre qualcosa di nuovo, onde sfuggire alla propria verità".

Commenti

  1. Tipica incapacità di soffermarsi su ciò che si presenta-
    Fermarsi,fare proprio il momento che si vive
    Metabolizzarlo dopo averlo fagocitato.
    Non correre,volare per passare subito ad altro...
    tutto è buono,ma fatto con fermezza......
    la curiosità è, e sarà sempre pungolo per il mio approfondimento diagnostico-terapeutico e per lo scoprire continuamente,il mistero che è in me.

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  2. Mi ritrovo perfettamente
    in un chiacchiericcio
    a cui non avrei saputo
    dare un nome
    una definizione,
    ma che mi disturba e
    mi intristisce.
    Falsa comunicazione,
    falsa informazione,
    negazione di dialogo
    ed espressione
    di vuoto

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  3. Fermarsi per ritrovare il centro, per affrontare se stessi, per amare le nostre ombre, prendersi cura di ciò da cui fuggiamo, per trovare Dio, unico vero Sé.

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  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  5. Andare a fondo sul proprio io interiore per ritrovare se stessi e ie la prima cosa da fare per poter trovare Dio ed avere un colloquio vero e sincero con luì

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