Attraversare le crisi
Crescere comporta dei passaggi che creano tensione tra il vecchio e il nuovo.
Crescere è attraversare delle crisi.
Si impara sulla propria pelle ad abbandonare una postazione per assumerne un'altra.
C'è un passare da come dovremmo essere a come siamo.
E c'è sempre un salto, tra le due cose, che fatichiamo ad accogliere.
In un testo dal titolo "Le età della vita", Romano Guardini, filosofo, teologo e scrittore del XX secolo, dedica alcune riflessioni a queste dinamiche di crescita che tutti viviamo.
Ci domandiamo perché crescere porta di fatto ad un'esperienza di crisi.
Il nostro autore ci nostra una prospettiva interessante con cui guardare a questa realtà della nostra vita.
"Tra le età della vita vi sono delle crisi. Le stesse età della vita rappresentano delle forme basilari dell’esistenza umana. Modi caratteristici di come l’essere vivente, lungo il cammino che dalla nascita giunge alla morte, è uomo. Modi di sentire, modi di vedere, di relazionarsi al mondo.
Queste immagini sono caratterizzate in modo così netto, che l’uomo nel corso della sua vita non scivola semplicemente dall’una all’altra ma, di volta in volta, ogni passaggio significa un distacco, il cui compimento può rivelarsi difficile, persino pericoloso. Può richiedere un tempo più lungo o più breve; può procedere con impeto o con relativa tranquillità; può riuscire, ma anche fallire – quest’ultimo caso si verifica quando la fase appena vissuta viene bloccata e quella successiva diviene troppo breve; ma anche quando la fase di volta in volta presente viene repressa o sottomessa con violenza in funzione di quella successiva. […]
Si diviene lentamente consapevoli della realtà; soprattutto grazie al fatto che il comportamento idealistico conduce a insuccessi. L’adolescente fa l’esperienza di non sapere molto di quello che credeva di sapere – ma che però, forse, altrove in lui c’è una capacità vera, modesta, meno interessante e meno sconvolgente, ma autentica. Fa esperienza del fatto, tanto elementare quanto colto tardivamente, che anche gli altri hanno le loro iniziative, le loro idee, le loro convinzioni, la loro volontà di fare; che anch’essi si fanno avanti e non sono disposti a lasciarsi subordinare dalle iniziative altrui. […] Nota come spesso siano irreali i principi assoluti; che perciò si deve compiere continuamente ciò che al giovane riesce con tanta difficoltà, ossia i compromessi, nei quali si ottiene la possibilità della realizzazione riducendo l’assolutezza della pretesa. […]
Scopre cosa significhi il dato di fatto. Quello che non deve essere, ma che è. Che non può essere dedotto da principi e, pertanto, partendo dai principi non può nemmeno essere dominato; ma che esiste, che si deve tenere in considerazione e che solo il lento lavoro può conquistare… Egli scopre quella forza che è precondizione di tutto ciò che si definisce realizzazione, ossia la pazienza. […]
Un’immagine della vita che, a suo tempo, era giusta, conclude il proprio ciclo e bisogna acquisirne una nuova. Si può non riuscirvi e, per la verità, in molti modi.
Può essere che il giovane, che procede nel suo percorso di vita, resti fermo nell’atteggiamento che aveva tenuto fino a quel momento. Allora incorre nell’assolutismo; diviene dottrinario, un fanatico dei principi che nulla riconosce e tutto critica. Oppure diventa l’eterno rivoluzionario, che da nessuna parte riesce a realizzare davvero qualcosa, perché non trova il contatto con la realtà; perché non sa apprezzare come appaia un risultato reale, non solo di fantasia, e cerca di compensare la propria sterilità facendo le cose in modo sempre diverso. Diventa un eterno entusiasta, il cui sentimento non ha alcun legame con l’esistente e, perciò, finisce in una sfera irreale.
Il fallimento può però anche avvenire in modo tale che il giovane, con l’incondizionatezza delle sue idee e delle sue convinzioni, capitoli davanti alla realtà – una realtà negativa, però; a ciò che “tutti” dicono, a cosa vuole la media; e può avvenire che egli si abbandoni all’esperienza sbagliata, al successo, e che chieda soltanto il profitto e il piacere… Allora nasce la persona che, a chi realmente si impegna e spera, dice che si deve essere “realisti”; che si deve prendere la vita com’è; che si deve vedere come si può emergere; che occorre farsi una posizione; godere di quel che si può godere e così via.
In entrambi i casi, il passaggio è fallito. Esso consisterebbe nel fare esperienza e nell’accettarla – al contempo, però, nel tener ferma la convinzione della validità delle grandi idee, nel mantenere l’obbligazione verso ciò che è giusto e nobile. Tale passaggio consiste nel fatto che resti, anzi, che solo ora si fondi realmente la convinzione che, in ultimo, non si tratta di conquistare denaro e potere, ma di creare qualcosa che abbia valore e di fare di se stessi degli uomini retti".
C'è un passare
RispondiEliminada come dovremmo essere
a come siamo.
E c'è sempre un salto,
tra le due cose,
che fatichiamo
ad accogliere.
queste sono le fatiche
che viviamo
nel nostro intimo
e in solitudine
Realtà della nostra esistenza.
RispondiEliminaTutto è funzionale alla nostra crescita, in età, sapienza,intelligenza, capacità..
Il tempo è maestro di esperienze vissute.
La realtà non va fuggita,mai.
Amen
Come un seme ha in sé tutto ciò per diventare quello che è ( un seme di rosa diventerà rosa, un seme di pino sarà un pino, ecc..) così, ognuno di noi deve scoprire a cosa è chiamato ad essere, è questo il successo, è così che si realizza concretamente ciò che è e non importa la scala sociale, ma vivere se stessi nell'umiltà.
RispondiEliminaI passaggi delle varie fasi della vita sono proprio come la fatica che fa il seme per venire alla luce. Aprirsi al buio, mettere radici, cominciare a farsi spazio nel terreno, spuntare, nutrirsi, cercare la luce, il giusto calore. È ciò che capita a noi, ma tutto ha un senso se si fa per venire alla luce, siamo figli della Luce ( quella vera Gv.1) e non importa se siamo semplici fiorellini o maestose querce,
RispondiEliminaCarlo Maria Martini parla in una Sua lettera pastorale che va addirittura indotta la crisi per passare da una fase all altra se naturalmente non si manifesta. E ogni passaggio quasi per prendere la rincorsa fa fare qualche passo indietro per poi saltare al gradino successivo.
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